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Francesco Azzarello
La Fede in Dante, Paradiso XXIV
Una lectura midrashica
Da una lettura incrociata del XXIV. canto del Paradiso con vari testi biblici (espressamente citati da Dante o contenutisticamente utili all'interpretazione) e un'analisi molto dettagliata del testo, la "Fede secondo Dante" non emerge né come ideologia identitaria, né come proprietà psicologica "infrangibile". Piuttosto come incontro, relazione affettiva, esperienza "civile" (e non solipsistica), contrassegnata da non-violenza, silenzio e parola, tempi di meditazione e occasioni di "professione", sempre nel rispetto radicale dell'altro. Un messaggio, quello dantesco, intensamente poetico (al di là della forma) ma realizzato in uno stile pacato che brilla per chiarezza e forza, senza sconfinare mai nel proselitismo.
L’autore, docente universitario, filosofo e filologo romanzo (linguistica e cultura), pur tenendo da anni corsi su Dante nel proprio istituto non è un dantista di professione, non è un teologo di formazione, né uno specialista di studi letterari. Come spiega lui stesso nell’introduzione si è deciso a compiere quest’ incursione nel genere delle Lecturae Dantis — fra quelli relativi al poeta fiorentino invero il più accogliente per i profani — non nel nome di un’ interdisciplinarietà fine a se stessa ma in quello dell’attenzione al testo, che, nel caso di Dante, interdisciplinarietà imponeva. Nel corso del lavoro ha cercato di ricollegarsi a tradizioni e metodi culturali limitrofi al Cristianesimo e all’opera dantesca, della cultura occidentale quasi familiari o vicini che non si frequentano più e la cui lingua ci si ostina a ignorare perché sarebbe faticoso re-impararla, usando strumenti di ricerca vicini alla cultura elettronica dei suoi studenti e senza dimenticare, tuttavia, come si va in biblioteca. Non spaventi il tema “religioso”: per parafrasare Carlo Maria Martini, non si tratta in fin dei conti di credere o no ma di pensare o smettere di farlo.
L’autore, docente universitario, filosofo e filologo romanzo (linguistica e cultura), pur tenendo da anni corsi su Dante nel proprio istituto non è un dantista di professione, non è un teologo di formazione, né uno specialista di studi letterari. Come spiega lui stesso nell’introduzione si è deciso a compiere quest’ incursione nel genere delle Lecturae Dantis — fra quelli relativi al poeta fiorentino invero il più accogliente per i profani — non nel nome di un’ interdisciplinarietà fine a se stessa ma in quello dell’attenzione al testo, che, nel caso di Dante, interdisciplinarietà imponeva. Nel corso del lavoro ha cercato di ricollegarsi a tradizioni e metodi culturali limitrofi al Cristianesimo e all’opera dantesca, della cultura occidentale quasi familiari o vicini che non si frequentano più e la cui lingua ci si ostina a ignorare perché sarebbe faticoso re-impararla, usando strumenti di ricerca vicini alla cultura elettronica dei suoi studenti e senza dimenticare, tuttavia, come si va in biblioteca. Non spaventi il tema “religioso”: per parafrasare Carlo Maria Martini, non si tratta in fin dei conti di credere o no ma di pensare o smettere di farlo.
Schlagwörter: Dante; Fede; Teologia
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